La storia della nostra provincia
Il Medioevo
Nel confuso andirivieni di invasori e fra le innumerevoli contese si andò profilando un avvenimento importante per la storia messinese e siciliana: l'arrivo dei saraceni. In verità le loro scorrerie piratesche spesso erano state una cadenza angosciosa per gli abitanti della costa e della città.
Secondo la leggenda, i saraceni per la prima volta tentarono di mettere le mani sulle ricchezze dell'abitato nel settembre del 541: 100 navi e circa 17.000 uomini al comando del generale Mamuka avrebbero assalito il monastero benedettino fondato da San Placido. Nel 651 il califfo di Damasco, Othman, la saccheggiò, ma fu scacciato dagli esasperati cittadini superstiti.
Dopo altri tentativi gli arabi ne presero possesso, più o meno stabilmente, nell'831. Ancora una volta però si ripeterono, durante gli anni, alcuni eventi negativi per il progresso della città con persistente coraggio e fedeltà alle proprie origini, gli abitanti non cedettero e tornarono sempre a edificare, salvaguardando la propria identità nonostante le traversie e i litigi che coinvolsero molti altri paesi del litorale.
Ed ecco arrivare sullo Stretto i normanni. Si aprì così un nuovo capitolo importante per lo sviluppo della civiltà 'siciliana'. Nel 1061 Ruggero d'Altavilla, approfittando dell'acuirsi dei contrasti religiosi, dei litigi tra i capi arabi in Sicilia, iniziò l'occupazione dell'isola, prima tappa fu appunto Messina, porta della Sicilia.
E fu l'inizio di una fase storica le cui tracce sono ancora ammirevoli ed emozionanti, una fioritura di civiltà che dalla fusione dell'islamismo e della cristianità trasse motivi di schietta identità culturale.
Dal progresso portato dagli arabi si passò al progresso normanno: l'evoluzione continuò esemplare, irradiandosi dalla Sicilia verso la penisola, assumendo grande importanza nel Mediterraneo.
Il conte Ruggero, con l'ausilio di Roberto il Guiscardo, si installò in Sicilia e sconfisse definitivamente i musulmani nel 1063, nella battaglia di Cerami. A sua volta nel 1130 re Ruggero II si fece incoronare re di Sicilia e Messina, per i privilegi ottenuti, assunse importanza insiema al suo territorio.
La ruota del destino girava favorevolmente, dando alla collettività peloritana una supremazia che fu utilizzata industrialmente e commercialmente dagli abitanti. Fu la prosperità anche per il porto. La presenza dei normanni durò sino al 1194.
Durante le crociate, lo scalo portuale assurse a grande importanza anche perchè lo Stretto tornò ad essere un punto di transito, di rifornimento e di sosta inevitabile. Anche nel corso delle crociate Messina ebbe i suoi guai, come accadde nel 1190 quando Riccardo Cuor di Leone saccheggiò e danneggiò gravemente la città che non sopportava i soprusi; la città appoggiava per questo Tancredi di Lecce, che fu eletto re di Sicilia, e con esso arrivarono gli Svevi.
Iniziò un altro capitolo, ma avvertiamo il nostro paziente lettore che in questa sede, per motivi di comprensibile brevità, non possiamo fornire ragguagli dettagliati su tutti gli avvenimenti convulsi della storia messinese, per cui passiamo subito alla grande figura di re Federico di Svevia, venuto dopo Enrico VI, che capì l'importanza del porto messinese tanto da concedergli particolari facilitazioni.
Federico imperatore, cui si deve l'impulso dato in Sicilia alle arti e alla poesia, innovatore delle situazioni giuridiche del tempo, volle imprimere maggior rigore al costume collettivo e sostenne l'artigianato locale, fatto da cui trassero vantaggio gli argentieri, i tessitori, gli armaioli messinesi che già godevano buona fama. E vantaggio ne trasse pure l'architettura. Il periodo di Federico di Svevia fu quindi molto importante.
Dopo la sua morte Manfredi, già vicario di Federico, venne proclamato re di Sicilia, ma con altre città anche Messina si ribellò e venne vinta. Nel 1266 Carlo d'Angiò, chiamato dal papa Clemente IV, avversario di Manfredi, arrivò in Italia ovviamente con relativo agguerrito esercito; vinse Manfredi che venne ucciso e la città peloritana, unitamente ad altre città isolane, si sottomise spontaneamente al potente re francese.
Cominciò un periodo di dominazione che si sarebbe concluso con la rivoluzione dei Vespri siciliani, il 31 marzo 1282. Gli angioini furono molto duri con i siciliani, togliendo anche parecchi privilegi a Messina, cancellando meticolosamente i vantaggi economici e sociali che gli svevi le avevano riconosciuto; la città dello Stretto fu 'torchiata' e dovette sopportare ruberie e 'prelievi' regali.
Carlo d'Angiò tuttavia destinò a Messina il suo vicario generale per la Sicilia.
Il grido 'Morte ai francesi' risuonato a Palermo il 31 marzo, e la sommossa conseguente, ebbero eco anche a Messina: lunghe e alterne vicende sanguinose coinvolsero la città che sopportò assedi e privazioni in cui rifulse il valore degli abitantio che si difesero dal mare e da terra.
E' di questo periodo l'episodio di due popolane, Dina e Clarenza, che, di guardia nel turno di notte, si accorsero per tempo dell'arrivo degli angioini e diedero l'allarme tempestivo in modo da respingere il nemico.
In segno di gratitudine, i posteri hanno sistemato le loro statue sul campanile della cattedrale, nell'orologio che è, come diremo più avanti, una curiosità della città.
Mentre Carlo d'Angiò aveva i suoi fastidi gravi con i messinesi, nell'agosto del 1282, su sollecitazione dei palermitani, sbarcò Pietro d'Aragona.
Inizia un'altra vicenda per la Sicilia, per il cui possesso, comincia una guerra che, con alti e bassi, durerà sino al 1302: tra Angioini e aragonesi si intrecciò una complicata sequenza di eventi politici e bellici che si conslusero con la pace di Caltabellotta, in base alla quale l'isola rimase agli aragonesi. In verità la pace subì continui strappi e la litigiodità persistette con contorno di guerre e scontri nei decenni successivi.
Si aprì così un lungo periodo di confuse diatribe tra le case regnanti: la città ne risentì i contraccolpi, anche per l'importanza della sua posizione di controllo strategico dei mari. Furono, quelli, secoli densi di avvenimenti, mentre Messina tentava di affermare ripetutamente il suo diritto ad essere la capitale dell'isola, in concorrenza con Palermo.
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