La storia della nostra provincia
Il Rinascimento
Castigliani, spagnoli, austriaci vennero dopo e la città, sempre più fortificata, aumentò di importanza anche come centro artistico e culturale, nonostante le ricorrenti carestie e epidemie che infierirono sul territorio. Ed ecco Antonello da Messina, pittore eterno, Salvo D'Antoni, Antonello de Saliba, Artale da Alagona, vicario dei potenti e grande ammiraglio, cui faranno seguito ottimi marinai e strateghi navali.
I messinesi, costretti sin dalle prime battute della loro storia a fronteggiare le scorrerie dei pirati, affinarono l'arte di combattere in mare. Dragut ed Ariadeno Barbarossa, terribili e audaci corsari, terrorizzarono le popolazioni, e le coste isolane ne furono spesso l'obiettivo; ma il valore dei messinesi divenne embelmatico nella battaglia di Lepanto, il 7 ottobre del 1571, contro la potente flotta turca.
L'armata navale cristiana si riunì a Messina, la cui struttura portuale consentì l'approntamento della flotta e l'organizzazione della tattica navale, agli ordini dell'ammiragli Marco Antonio Colonna, comandante supremo Don Giovanni d'Austria appena ventiquattrenne.
Nella battaglia, che vide fronteggiarsi cristiani e musulmani, con estremo coraggio i messinesi a bordo delle loro navi furono comandati da fra Pietro Giustiniani da Messina dell'ordine dei Cavalieri di Malta.
Prima della partenza fu consultato Francesco Maurolico, scienziato e astronomo messinese per le previsioni meteorologiche, il quale, come si constatò dopo, azzeccò le ipotesi sulle condizioni del tempo e del mare. Tra i comandanti primeggiarono il conte di Condojanni, Vincenzo Marullo e il barone di Ucria, Pietro Marquet de Guevara, entrambi peloritani, al ritorno, la flotta europea proveniente dalle acque prospicienti le isole Curzolari, arrivò a Messina e fu il trionfo.
Per ricordare la vittoria della cristianità a Lepanto fu eretta una statua in onore a Don Giovanni D'Austria. La città si ingrandiva diveniva più bella, dotata di splendide architetture.
Nel 1603 sopravvenne la periodica carestia, con conseguenze dannose al commercio marittimo: fu una fase di rallentamento del progresso della città.
Nel 1622 il vicere di Sicilia Filippo IV di Spagna, generalissimo del mare, volle che fosse iniziata la costruzione di palazzi lungo la marina, nacque così la famosa Palazzata, autore l'architetto Simone Gullì, splendido scenario urbanistico sulla costa siciliana dello Stretto.
Nel 1646 la grave crisi economica e un'ulteriore carestia suscitarono una sommossa popolare soffocata con durezza. Il 13 aprile del 1674 ancora una volta esplose la ribellione dei cittadini esasperati dalle crisi e dalle privazioni imposte. Una ribellione che mobilitò i merli e i malvizi, le due fazioni dei popolani e dei nobili-borghesi, sempre in contrasto (malvizi significa tordi). E furono appunto i malvizi a chiamare i francesi di Luigi XIV per lottare contro gli spagnoli.
Un vero invito a nozze per la Francia in guerra contro la Spagna, ma che deluse le speranze dei messinesi e dei siciliani in genere.
Luigi XIV nel 1678, dopo la lunga guerra, abbandonò la città del peloro a seguito della pace con l'eterna nemica e Messina fu rioccupata dagli spagnoli, che tuttavia non furono troppo vendicativi. La situazione rimase tale fino a quando non arrivò il conte di Santo Stefano Don Francesco de Bonavides, nuovo vicere. Tanto fece che fu definito 'Carnefice di Messina'.
Alla città tolse pure l'antico diritto di battere moneta e compresse ogni palpito di vita culturale ed artistica. Ferocemente restauratore, causò l'esodo di migliaia di cittadini e spogliò la città.
Come se tutto ciò non fosse bastato, l'11 gennaio del 1693 un terremoto distrusse Catania e danneggiò gravemente Messina, alle prese con la povertà della sua gente. Infine nel 1713, per il trattato di Utrecht, Vittorio Amedeo II, duca di Savoia, prese possesso della Sicilia, di cui venne proclamato re.
Un breve periodo più tranquillo tornò a favorire il progresso economico e artistico del Messinese; lo stesso Amedeo, conosciuta l'abilità e l'arte dell'architetto Filippo Juvara, se ne servì anche in Piemonte per realizzare importanti opere.
Comunque dopo gli spagnoli, i Savoia se ne andarono definitivamente nel 1720 e gli Asburgo d'Austria nel 1734, quando arrivò Carlo di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna. Tra gli austriaci e i Borboni iniziarono le solite lotte per occupare Messina e ancora una volta la città subì un assedio. Il destino tormentoso non mutava. Carlo di Borbone, vincitore, trattò la città con qualche riguardo e senza eccessive reprimende, tornando a concedere ad essa alcuni privilegi.
Nel 1743 un'epidemia di peste decimò la popolazione; nel 1783 un grave terremoto colpì la città la cui popolazione era fuggita dal giorno precedente, perchè messa già in allarme da alcune scosse: le vittime furono milleduecento e moltissimi danni.
Ferdinando IV di Borbone riorganizzò su scala industriale la lavorazione della seta, per la quale Messina era già famosa; dopo il terremoto la casa regnante si sforzò di favorire il ritorno ad una vita normale della popolazione stremata: concesse la franchigia alla merci estere anche in città e istituì un secondo "porto franco".
I forestieri furono invogliati ad iniziare attività commerciali ed economiche grazie ad un editto che prese il nome di editto di Acton, ministro della marina del regno di Napoli.
Si iniziò la costruzione di nuove strade, anche provinciali, e in collegamento con Catania e Palermo lungo le coste.
Nel 1799 arrivarono gli inglesi per proteggere Ferdinando di Borbone, fuggito da Napoli per la costituzione della repubblica partenopea. Si instaurò così un rapporto assai difficile tra i Borboni e i messinesi, rapporto che avrebbe avuto fasi di particolare violenza, poichè gli abitanti non potevano rinunciare alla loro libertà ed erano assai sensibili alle idee antiborboniche che circolavano sempre più insistentemente.
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