Norme in materia di procreazione medicalmente assistita

Data:
11 Marzo 2004

Si reputa opportuno segnalare che nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n.45 del 24 febbraio 2004 è stata pubblicata la legge 19 febbraio 2004, n. 40 recante “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”.

La legge in esame consente il ricorso alla procreazione medicalmente assistita solo qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità (art.1, comma 2).

Possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita solo i soggetti adulti di sesso diverso, coniugati o che convivano stabilmente, entrambi viventi e in età potenzialmente fertile (art. 5).

E’ consentita solo la fecondazione omologa, cioè all’interno della coppia uomo-donna, mentre viene vietata la fecondazione eterologa che prevede un donatore esterno (art. 4, comma 3).

La clonazione e la sperimentazione su ciascun embrione umano sono vietate (art. 12, comma 7 e art. 13, comma 1).

La crioconservazione viene consentita solo quando il trasferimento nell’utero degli embrioni non risulti immediatamente possibile per gravi e documentati problemi di salute della donna che non erano prevedibili. In tal caso gli embrioni possono rimanere congelati fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile (art. 14, comma 3).

In ogni caso è, comunque, vietata la soppressione di embrioni (art. 14, comma 1).

Il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie non è tenuto a prendere parte alle procedure per l’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione (art. 16, comma 1).

Dopo aver illustrato sinteticamente alcuni aspetti della legge si ritiene utile fare alcune osservazioni riguardanti specificatamente i vincoli che la legge stessa pone al medico.

La legge sulla procreazione medicalmente assistita ha colmato un vuoto legislativo che vedeva l’Italia in grave ritardo a legiferare su tale materia rispetto ad altri Paesi.

E’ una legge importante che segna un passo in avanti rispetto al nulla e che disciplina tante situazioni particolari scottanti dal punto di vista etico.

Essa pone regole precise alle donne e agli uomini che hanno il legittimo desiderio di genitorialità, ma al tempo stesso lede indiscutibilmente l’indipendenza decisionale del medico.

Si registra, infatti, una limitazione rilevante della libertà del medico in quanto si prescrive la gradualità della terapia.

Risulta essere evidente il contrasto con il codice di deontologia medica che all’art. 4 prevede che l’esercizio della medicina sia fondato sulla libertà e sull’indipendenza della professione.

Il medico, infatti, nel libero esercizio della professione ha il dovere, ma anche il diritto, di scegliere le terapie più adeguate rispetto alla patologia diagnosticata.

Non si può, quindi, minimamente condividere il fatto che si siano volute prescrivere per legge le terapie da scegliere rispetto ad una determinata patologia.

Con riferimento alle pratiche mediche della procreazione medicalmente assistita, infatti, ci troviamo di fronte a esperienze e metodiche convalidate da più di trenta anni.

Pertanto la legge doveva a nostro giudizio migliorarle, riconoscendo al tempo stesso l’autonomia decisionale del medico nei confronti delle regolamentazioni giuridiche.

Questa legge, invece, pretende di imporre i modi e i comportamenti più giusti per garantire la salute di un paziente.

Particolarmente discutibile e difficilmente accettabile, in particolare, è l’obbligo imposto al medico di impiantare l’embrione pur in presenza di malformazioni genetiche gravi.

Inoltre non si può non esprimere preoccupazione per i vincoli che la legge crea alla ricerca medica italiana.

E’ infatti una legge che comprime il diritto alla ricerca sancito dalla Costituzione e che per la prima volta vieta la ricerca in campi che possono offrire un futuro ed una speranza a molte malattie.

Infatti è vietata qualsiasi possibilità di ricerca sull’embrione così come è quasi vietata qualsiasi ricerca sulle cellule staminali embrionali.

Ciò si verifica perché prevalgono i diritti dell’embrione rispetto ai diritti dei malati e alla possibilità di trovare nuove opportunità terapeutiche, che possono derivare anche dalle cellule staminali.

Tra l’altro, pur vietata in Italia, la ricerca continuerà in Inghilterra, negli Stati Uniti e in altri Paesi e i nostri ricercatori saranno condannati all’alternativa tra la rinuncia alla loro funzione o l’emigrazione.

Si precisa che le critiche suesposte debbono ritenersi avulse da questioni ideologiche e che, pertanto, attengono esclusivamente il punto di vista della professione medica e del suo coinvolgimento nella delicata questione.

Per visualizzare integralmente la legge, cliccare sull’apposito link.

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La legge

Ultimo aggiornamento

11 Marzo 2004, 13:40