Norme sulla certificazione

La certificazione è certamente una delle attività più delicate della professione medica.

Infatti ogni medico deve porre molta attenzione nella compilazione dei certificati, da un lato nell’interesse del paziente, dall’altro per non incorrere i rischi di carattere penale e disciplinare.

Il certificato è una attestazione scritta di fatti, aventi rilevanza giuridica per terzi, riscontrati dal medico nell’esercizio della sua attività e che non debbono essere riferiti in altro modo previsto dalla legge.

Il certificato è un atto pubblico e deve essere veritiero e redatto chiaramente.

Pertanto se nel certificato sono contenute false attestazioni di fatti dei quali esso è destinato a provare la verità, il medico che lo ha rilasciato incorre in responsabilità di ordine penale.

In particolare, la falsità ideologica in certificati commessa da un medico in veste di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio è punita ben più severamente rispetto all’analogo reato commesso dal medico quale esercente un servizio di pubblica utilità.

Inoltre, il rilascio del certificato ad estranei oppure anche la certificazione di circostanze non richieste dall’interessato e che questi intende non siano rese note possono integrare gli estremi di “rivelazione di segreto professionale”.

Alcuni certificati obbligatori per legge: assistenza al parto, di gravidanza, di decesso, di esenzione dalla vaccinazione antitifica obbligatoria, di cessata contagiosità di malattia infettivo-contagiosa ai fini della riammissione in collettività, di tutela delle lavoratrici madri, in tema di assicurazione di previdenza sociale, per la cremazione, per la imbalsamazione o la conservazione temporanea di cadavere, di sana e robusta costituzione fisica, etc.

Sui certificati non va più apposta la marca ENPAM. Infatti la legge finanziaria 2001, all’articolo 145, punto 65, ha abrogato l’art.11 della legge n.244/1963 (“Norme generali relative agli onorari ed ai compensi per le prestazioni medico-chirurgiche e istituzione della relativa tariffa”) che imponeva al medico di apporre sui certificati non gratuiti per legge la marca di previdenza di lire 500, il cui costo era a carico del richiedente.

Ultimo aggiornamento

23 Febbraio 2024, 10:50