Specializzandi, la retribuzione è diritto perfetto fissato dall’Ue

Data:
7 Marzo 2005

Le direttive Ue “attribuiscono agli specializzandi un diritto perfetto a un’adeguata remunerazione, da tutelarsi in forma risarcitoria secondo i princìpi enunciati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia”.

Le Sezioni unite civili della Cassazione (sentenza n.2203, depositata il 4 febbraio), tornano a ribadire la “natura incondizionata e sufficientemente precisa” delle norme Ue sulla formazione medica specialistica, già riconosciuta nel 2002 (sentenza n.5125) e nel 2003 dalla terza sezione civile (sentenza n.7630). Chiarendo che spetta dunque al giudice ordinario la competenza in materia, a maggior ragione dopo la pronuncia n.204/2004 della Consulta.

A rivolgersi alle Sezioni unite è stato un medico siciliano, che ha frequentato a tempo ridotto la scuola di specializzazione dal 1990 al 1994, non percependo alcuna retribuzione (il Dlgs 257/2001, che ha recepito le direttive Ue 75/363/Cee e 82/76/Cee, limitava infatti ai soli specializzandi a tempo pieno il diritto alla borsa di studio).

Nel 1994 il dottore ha citato in giudizio l’Università di Palermo e i ministeri della Ricerca, della Sanità e del Tesoro, chiedendo che gli fosse riconosciuta per il quadriennio una borsa non inferiore a 11.103 euro annui. Ma sia il tribunale sia la Corte d’appello di Palermo hanno respinto la richiesta, sostenendo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario per la non immediata applicabilità delle direttive comunitarie.

Non è d’accordo però la Cassazione.

Due sentenze del 1999 e del 2000 della Corte Ue (cause C-131/1997 e C-371/1997) hanno affermato che dalle direttive “deriva l’obbligo incondizionato e sufficientemente preciso di retribuire la formazione del medico specializzando”.

Se lo Stato è inadempiente, come l’Italia, perché ha tardato nel recepimento delle norme, l’obbligo “deve essere assicurato mediante gli strumenti idonei previsti dall’ordinamento nazionale”. O con l’applicazione retroattiva delle norme di trasposizione oppure, se non fosse possibile, «attraverso il risarcimento del danno da mancato adempimento, da parte dello Stato membro», agli obblighi derivanti dal Trattato Ce.

È questa l’interpretazione da condividere, che la Corte di merito non ha seguito. Errando due volte: non ponendosi il problema del diritto alla retribuzione dello specializzando, che “scaturisce direttamente dall’ordinamento comunitario” e non considerando “che, anche se si dovesse ricostruire la disciplina interna in modo da subordinare l’erogazione del compenso a valutazioni discrezionali dello Stato membro, tale disciplina sarebbe contraria al diritto comunitario e dovrebbe, pertanto, essere disapplicata”.

In gioco non c’è dunque l’interesse legittimo, perché così la nascita del diritto “verrebbe subordinata all’esercizio di poteri amministrativi discrezionali”, ma un diritto soggettivo. La cui esatta qualificazione giuridica spetta al giudice ordinario. La questione è ora rinviata al primo giudice.

Ultimo aggiornamento

7 Marzo 2005, 08:54