Come e perché informare
Il consenso informato è l’accettazione volontaria da parte di un paziente del trattamento che gli viene proposto da un medico. Il consenso deve sempre essere richiesto, in quanto è l’unica espressione che autorizza un qualsiasi atto medico. Una volta concesso, il consenso da parte del paziente può essere revocato in qualsiasi momento.
L’obbligo di richiedere il consenso si può estrapolare da alcuni articoli della Costituzione, del Codice Penale, del Codice Civile, del Codice di Deontologia Medica; inoltre è stato ribadito da una Convenzione del Consiglio d’Europa (Oviedo 1997) sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina, ratificata anche dall’Italia.
In pratica, però, in Italia non esiste, nel Diritto Sanitario, una normativa univoca ed esauriente, per cui la materia si presta ad alcune ambiguità.
La legge
La prima doverosa citazione è riservata alla Costituzione: “La libertà personale è inviolabile” (art. 13) e “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana” (art. 32).
L’articolo 50 del Codice Penale stabilisce la non punibilità di chi lede un diritto, o lo mette in pericolo, con il consenso di chi può validamente disporne. Disattendere a questa norma può comportare il reato di lesioni personali (art. 582) o lesioni personali colpose (art. 590).
L’articolo 1325 del Codice Civile sancisce l’obbligo dell’accordo tra le parti per il perfezionamento del
contratto, accordo la cui carenza dà luogo a nullità del contratto stesso (art. 1418).
Nella Convenzione del Consiglio d’Europa, invece, la materia è molto più dettagliata. In particolare il testo afferma: “I desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in considerazione” (art.9) e più avanti: “Ogni persona ha il diritto di conoscere ogni informazione raccolta sulla propria salute. Tuttavia, la volontà di una persona di non essere informata deve essere rispettata” (art. 10).
Tornando all’Italia, le norme più esplicite e complete si ritrovano nel Codice Deontologico del Medico, la disciplina cui ogni professionista si deve attenere nell’esercizio della professione.
Più precisamente in maniera molto dettagliata l’attuale Codice Deontologico sancisce l’obbligo di informazione al paziente (art. 30) o all’eventuale terzo (art. 31), nonché l’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente (art. 32) o del legale rappresentante nell’ipotesi di minore (art. 33).
Lo stesso Codice Deontologico stabilisce poi l’obbligo di rispettare la reale ed effettiva volontà del paziente (art. 34) nonché i comportamenti da tenere nell’ipotesi di assistenza d’urgenza (art. 35).
Si può pertanto sostenere che sussiste un obbligo diretto, di natura deontologica, all’informazione al paziente, nonché all’acquisizione del consenso informato. Obbligo che, ove non ottemperato, potrebbe dar luogo di per sé, indipendentemente da eventuali danni in capo al paziente, all’apertura di procedimento disciplinare a carico del sanitario, avanti all’Ordine professionale competente.
Chi acconsente
Il consenso, per essere valido, deve essere rilasciato esclusivamente dal diretto interessato, salvo alcune eccezioni.
Nel caso in cui il paziente sia minorenne ovvero incapace di intendere e di volere, il valido consenso dovrà esser prestato da chi ne esercita la potestà: i genitori o il tutore legalmente designato, ovvero il rappresentante legale (tutore o curatore) dell’incapace.
Il minorenne, però, ha diritto a essere informato e a esprimere i suoi desideri, che devono essere tenuti in considerazione. Lo stesso vale per la persona interdetta, che ha diritto a essere informata e di veder presa in considerazione la sua volontà. Nel caso in cui il diniego del consenso provenga da un tutore legale il medico ha il dovere di sottoporre la questione all’autorità giudiziaria.
Accade spesso, nel caso di paziente temporaneamente impossibilitato a fornire il proprio consenso (per esempio perché in coma), che il medico si rivolga ai prossimi congiunti, chiedendo loro il preventivo consenso ad un intervento di particolare difficoltà. Sotto il profilo strettamente giuridico, e specificamente penale, occorre sottolineare che il consenso dei prossimi congiunti non ha alcun valore.
Nelle ipotesi in cui il paziente non possa prestare alcun valido consenso, pertanto, il medico dovrà assumersi in prima persona ogni responsabilità, e, qualora decidesse di intervenire, non sarà punibile. Sia il Codice Penale (art. 54), infatti, sia il Codice Deontologico (artt. 7 e 35) prevedono che, in situazioni d’emergenza, il medico è tenuto a prestare la sua opera per salvaguardare la salute del paziente.
Il medico può agire senza l’assenso del malato anche nelle situazioni che mettono a repentaglio la salute della collettività. Per esempio per prevenire la diffusione di epidemie sono obbligatorie alcune vaccinazioni o la cura forzata della tubercolosi e delle malattie veneree contagiose.
Informare come e perché
Per poter esprimere o negare il proprio consenso occorre essere opportunamente informati sulla questione in oggetto.
Il compito di informare il paziente in modo chiaro e comprensibile spetta al medico. Egli dovrà spiegare al paziente: quale trattamento (diagnostico, chirurgico o farmacologico) gli sta proponendo; quali benefici il paziente può attendersi dal trattamento stesso; quali inconvenienti potrebbero verificarsi in caso di accettazione; a quali rischi per la salute si espone il paziente con un eventuale rifiuto; quali trattamenti alternativi, se ve ne sono, sono disponibili. Informativa e consenso possono essere solo verbali oppure scritti: la legge non prescrive alcun obbligo perciò, generalmente, si ricorre al documento scritto solo quando l’intervento presenta rischi consistenti.
Sulle modalità d’informazione, l’articolo 30, quarto comma, del nuovo Codice Deontologico prescrive: “Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste, o tali da poter procurare preoccupazioni e sofferenze particolari al paziente, devono essere fornite con circospezione, usando terminologie non traumatizzanti, senza escludere mai elementi di speranza”.
Questo comma si rifà al testo costituzionale, interpretando la tutela della salute nella sua accezione più ampia di integrità fisica e psicologica. Comunicare con eccessiva crudezza la gravità di una situazione fisica, infatti, può causare sentimenti di ansia, angoscia e depressione nel malato.
Ove non necessario, perciò, il medico non deve compromettere l’equilibrio psicologico del malato che, oltre a essere un suo diritto tutelato dalla legge, è un fattore fondamentale, capace di incidere positivamente sul decorso della malattia.
Il paziente, tuttavia, ha diritto di chiedere e ricevere informazioni più dettagliate, oppure può scegliere di non essere informato o delegare una terza persona a ricevere le informazioni ed esprimere il consenso.
Ultimo aggiornamento
22 Febbraio 2024, 17:59